Salire in cima al Terminillo lungo una famosa via alpinistica invernale mi ha dato modo di fare alcune riflessioni riguardanti la sopravvivenza in montagna.

Benché sia un ambiente che in genere è frequentato solo da addetti ai lavori ed esperti, sempre più persone si avventurano sulle montagne in inverno anche se non hanno particolare esperienza.

Beh, i rischi ci sono e non sono pochi. Purtroppo si sentono spesso notizie di incidenti. Ovviamente bisogna prendere le dovute precauzioni ed avere le giuste conoscenze. La prima regola è, quindi, di affidarsi ad esperti del mestiere e nessuna istituzione meglio del CAI conosce la montagna e le sue regole.

Per comprendere quali siano le situazioni che si possono presentare abbiamo scelto una delle vie alpinistiche invernali più note del Centro Italia: il Canale Chiaretti-Pietrostefani. Siamo partiti Giada Santucci ed io con a capo l’esperto Marco Chiaretti, vice-presidente della Sezione del CAI di Leonessa ed istruttore della Scuola di Natural Survival.

Chiaretti Pietrostefani sul Terminillo - la sopravvivenza in montagna di Marco Priori

FATICA E VALANGHE: dopo un avvicinamento di circa un’ora e mezzo su neve alta, affrontato volutamente senza ciaspole per verificare la fatica che si può provare quando si affonda di 30-40 centimetri, saliamo prima in ambiente boscoso e poi costeggiando le scarpate ai piedi del Terminillo. Passiamo lungo la parte terminale di numerosi accumuli di valanghe.

CAMBIAMENTI DEL TEMPO: nonostante il sole splendente cominciano ad  addensarsi nuvole sulla vetta del Terminillo, segno che il tempo sta cambiando rapidamente. Indossati ramponi, guanti, caschi, imbragature ed armati di piccozze saliamo in cordata con Marco Chiaretti in testa. La neve è molto cedevole per le alte temperature (circa 10°C) e non sempre permette una buona aderenza dei ramponi.

PRECAUZIONI TECNICHE ED USO DELLE ATTREZZATURE: le cose più importanti da tenere a mente sono di non farsi male infilandosi  le punte dei ramponi sulle gambe in caso di scivolata e di non calpestare la corda di sicurezza perché le punte potrebbero tagliarla. La piccozza è formata da un manico appuntito, una punta seghettata detta “becca” ed una parte tipo zappa detta “paletta”. E’ fondamentale tenere la becca rivolta verso il pendio. Su pendii non molto ripidi la piccozza si usa come un bastone, reggendolo con la mano sulla paletta. Quando la pendenza (e la difficoltà) aumentano si usa impuntando la becca nella neve,  sulle zolle di terra o infilandola nelle fessure della roccia calcarea. Chiodi e rinvii (strumenti alpinistici costituiti da una fettuccia e due moschettoni contrapposti) ci rendono la salita più sicura.

LEGGERE IL TERRENO E PREVENIRE I PERICOLI: arrivati in cresta siamo immersi  nella nebbia sempre più fitta che non ci permette di vedere oltre i 15 metri. Alcuni passaggi esposti su roccia nascosta da pochi centimetri di neve non consentono una buona presa dei ramponi. Inoltre, camminare sulla cresta formata da una cornice a sbalzo di neve compatta potrebbe essere rischioso. Con il nostro peso si potrebbe staccare una porzione di cornice non ghiacciata a causa delle alte temperature, trascinandoci a valle. Camminiamo quindi in fila indiana leggermente più a valle rispetto alla cresta. Guadagniamo la vetta (2216 m) nella fitta nebbia.

FALSI PERICOLI: Intorno a noi si distinguono orme fresche di lupi. Nonostante l’idea diffusa che siano pericolosi sono animali del tutto innocui, sicuramente inclini a fuggire dall’Uomo piuttosto che aggredirlo. Non costituiscono per noi alcun pericolo ed anzi coviamo nel nostro cuore la speranza di intravederli nella nebbia.

ADEGUARE LA TECNICA ALLA SITUAZIONE: la discesa si affronta spalle al versante, gambe larghe e ginocchia flesse per tenere basso il baricentro e non scivolare e, con queste condizioni di neve, puntare in profondità i talloni. La piccozza si tiene con una mano sulla paletta e la becca rivolta indietro, verso monte. In caso di scivolata bisogna arrestare immediatamente la caduta per non prendere velocità e finire chissà dove. Per bloccarsi si procede ruotando tutto il corpo in direzione della piccozza poggiandoci sopra prima l’altra mano e poi tutto il nostro peso in modo tale da far infilzare con forza la becca nella neve o nel ghiaccio. GUARDA IL VIDEO!

EVITARE DI INNESCARE VALANGHE: alcune lingue di slavina ci ricordano che non dobbiamo battere i talloni nella neve mentre scendiamo ma accompagnarli fino a che i ramponi non fanno presa. Marco Chiaretti ci ricorda inoltre che la miglior cosa quando si vedono degli affioramenti  rocciosi a valle, lungo il pendio, è quella di andare loro incontro. Infatti, questi affioramenti funzionano da sostegno per la neve e lì le valanghe si staccano con più difficoltà. Anche questo è sopravvivenza in montagna.

VIVI LA NATURA: durante la discesa il sole riaffiora tra le nuvole regalandoci panorami mozzafiato. Preferisci  vivere le Avventure o fartele raccontare? Ogni esperienza è sempre unica e ci accresce profondamente sia per le nuove conoscenze acquisite che per le emozioni  vissute.

ATTIENITI ALLE REGOLE: in caso di necessità bisogna sempre seguire le regole fondamentali. In questo ambiente il rischio di ipotermia è molto alto. Abbigliamento idoneo e conservazione delle energie sono alla base della sopravvivenza in montagna. Procedere in sicurezza utilizzando le tecniche corrette e percepire l’ambiente che ci circonda è di importanza cruciale.

Ricorda che la Vita va assaporata in prima persona. L’Avventura è lì che ti attende!

Cammina nel silenzio,

Marco

 

Un grazie speciale a Marco Chiaretti

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